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Combustione biomasse legnose: cosa si può bruciare nei nostri impianti domestici?

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camino – finanzamoney.it

L’inverno sta per arrivare, ma quali sono i materiali che è possibile bruciare in caldaie a legna, camini o stufe domestiche?

Col caro energia e la stangata sul prezzo del gas, in molti hanno scelto di tornare a bruciare legna, ovvero biomasse legnose. Occorre dunque chiarire cosa è possibile bruciare per scaldarsi, e cosa è vietato, per non incorrere in sanzioni inaspettate.

Cosa si intende col termine “Biomassa”?

Questa parola indica generalmente una sostanza organica, sia essa vegetale o animale, che sia adibita a fini energetici. Composte da materiali forestali, oppure da residui di pratiche zootecniche, le biomasse possono anche scaturire dai rifiuti solidi urbani. Occorre adesso determinare cosa è possibile bruciare nei camini e nelle stufe.

Biomasse legnose: cosa bruciare in stufe, camini e caldaie a legna

La legna in pezzi allo stato naturale è il combustibile che deve essere impiegato per “dar fuoco” a caldaie, stufe e camini. Qualora l’impianto sia a carica automatica, allora è possibile usare combustibili diversi, quali il cippato, la segatura proveniente dalle segherie e la corteccia. Questi ultimi esempi, fanno riferimento alla legna naturale non in pezzi, di provenienza anch’essa boschiva.

Precisazioni terminologiche: il tronchetto

Nei generatori di calore di modeste dimensioni, viene utilizzato il Tronchetto. Esso è da ricondursi sia alla legna in pezzi, sia al ciocco di legna, che di fatto sono sinonimi. Quello che bisogna precisare è, però, la misura dei pezzi, che in questo caso va, generalmente, dai trenta ai cinquanta cm. La sua vendita avviene dopo almeno due anni di stagionatura, e in questo lasso di tempo l’umidità del singolo pezzo diventa del 25%.

La differenza fra cippato e pellet

Il cippato è costituto dal legno trasformato in scaglie, pezzetti dalla dimensione che può andare da pochi millimetri a massimo due, o tre cm. È ottenuto dalla lavorazione del legno tagliato da poco, dunque ancora fresco, e viene in genere ricavato dalla potatura delle alberature di città, ovvero dagli scarti dei tagli in bosco e pioppeti.
Molto efficiente dal punto di vista energetico, il pellet si compone invece di cilindri in legno di piccole dimensioni, ottenute attraverso la pressatura della segatura essiccata. Questo procedimento, successivo a lavorazioni meccaniche, sottopone la segatura a pressioni elevatissime. A prima vista, il pellet si distingue per il suo colore più scuro rispetto alla segatura. Questo è generalmente dovuto all’effetto della lignina, che lega le molecole del materiale per effetto del calore prodotto in lavorazione.
Il pellet ha consentito la riutilizzazione degli scarti del legno al 100%, quando in passato essi riuscivano a essere riutilizzati soltanto in parte. Di conseguenza, la sua utilizzazione è un beneficio anche per l’ambiente, sebbene il prezzo del singolo sacchetto sia di recente aumentato per le cause che tutti conosciamo.

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In Italia, la certificazione di qualità del pellet non è obbligatoria, ma per attestare l’elevata qualità del prodotto, alcuni produttori si stanno dotando in maniera del tutto volontaria, di ENplus o DIN-PLUS, ossia le certificazioni internazionali in materia.